lunedì 19 luglio 2010

Questo non è possibile.

"E' più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio" Albert Einstein.


Capita a volte che la tua storia la narra chi guarda la tv.

Capita a volte che la storia non la scrivono nè protagonisti nè testimoni ma i mass media. E la gente. E' capitato a Sylvia Ravera, attivista transgender statunitense divenuta un'icona del movimento gay in seguito ai moti di Stonewall. «La gente dice che sono stata io a buttare la prima molotov», raccontava, «ma non e´ vero. Ho tirato la seconda. Qualcuno mi aveva passato una bottiglia di benzina quando qualcun altro lancio´ la prima. Non sapevo che fare ed uno accanto a me mi disse: "e´ meglio che la tiri", ed io l'ho fatto»*. I mass media e la gente come dicevo hanno fatto il resto.

Non si sa chi fu a lanciare la prima molotov quella notte del 28 giugno 1969, certo è, come dice Leslie Fenberg «La rivolta al Greenwich Village di New York fu guidata dai più oppressi della comunità LGBT, persone di colore, adolescenti, transgender e transessuali, barboni, poveri e quindi emarginati nel mondo del lavoro, tanto che la prostituzione era l'unica fonte di reddito per molti di loro»**. Neanche 25 giorni dopo, 20 luglio 1969, i primi passi dell'uomo sulla luna.

La luna. Capita di andare al pride nazionale a Napoli e subito dopo alla festa del Santo patrono. Senza navicella spaziale e senza riprese televisive capita che in poche centinaia di chilomentri il gesto eroico di una madre che sale su un carro Agedo viene spazzato dal silenzio della sopravvivenza al luogo comune, nel luogo comune, un paesetto di solo poche anime.

Capita di pensare a Sylvia Rae Rivera
che sfilò al "World Pride" del 2000 a Roma quasi inosservata, come riporta Massimo Consoli. Capita anche che degli amici appena conosciuti vogliano convincerti che il pride è nocivo per "voi", per l'immagine che date mentre siete al pride. E tu dimmi ci sei mai stato al pride? No, ma l'ho visto tante volte in televisione. In televisione... tante volte ma hai visto sempre le stesse immagini di repertorio. Non avrai certamente visto mia madre felice ed orgogliosa tra gli altri genitori Agedo. Questo non è possibile.

Capita di rientrare infine di sera e chiacchierare del più e del meno con dei vicini di casa al fresco del cortile. Capita che chiedano, come stanno i genitori? Bene, grazie, finalmente sono rientrati in casa, la casa dove io sono cresciuta. Sono rientrati adesso evidentemente per loro scelta. No, la casa non era raggiungibile per via delle macerie che sono state rimosse solo da poco. Questo non è possibile. Come spiegare loro la luna se il dito mediatico produce un'eclissi?

Questo non è possibile. Eclissi. Si apre la possibilità della gente di narrare la tua storia mentre tu che ne sei il protagonista sei inesorabilmente destituito dalla facoltà di narrare il vero. La TV narra il verosimile (o l'inverosimile!) ed a questo che i più si attengono. Allora al pride dell'uomo comune sfilano tutti col culo di fuori, depravati! e gli aquilani sono arrabiati e pericolosi perchè ingrati. Ecco pronto il pregiudizio. Ed ecco compromessa l'intelligenza collettiva.



* http://www.radiokcentrale.it/articolinuovaera/sylviarivera.htm
** http://www.workers.org/ww/2004/prideseries10603.php

Doppia valenza

"In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei"


Riaffiorano a raffiche disordinate i ricordi della mia infanzia. Colpiscono soprattutto quando il giorno si muta nella notte e allora non visti mi ballano addosso. Il dubbio mio unico scudo. Come un meticoloso costruttivista mi chiedo quale sia rapporto c'è fra conoscenza e realtà. Perchè tanta crudele stoltezza? Sarò piuttosto io l'artefice di tanta follia? Temo che non lo saprò ora nè mai poichè la realtà oggettiva non esiste. C'è sempre un soggetto - me medesima - che guarda la realtà, la esperisce e la descrive nell'unico modo possibile, soggettivamente.

Allora non potendo conoscere ciò che mi circondò ripiego nel conoscere ciò che da allora tengo stretto dentro la mia pelle, quel concetto astratto che ciascuno chiama Io o me stesso.

- Ho paura della solitudine.
- La solitudine non esiste: siamo sempre sposati a noi stessi.
- Allora voglio chiedere il divorzio e cambiare partner.


Mi faccio guidare nel caos primordiale dalla selvaggia rosa rossa che affonda le sue radici nienteopocodimeno che nel guscio di Kurma-Tortuga, la tartaruga che nel 1984, il 22 maggio per l'esattezza, morì di spavento di solitudine da terremoto. Da allora si face latte, linfa primordiale per nutrire ed offrire alla vista di chi passeggia in via delle Aie in questo periodo, la meravigliosa fioritura della rosa selvatica che poggia su di lei, come nella leggenda indù.

Nel linguaggio dei fiori la rosa selvatica è un fiore dalla doppia valenza, un po' borderline diciamolo! Cresce nei dirupi lì dove altri fiori perirebbero. La doppia valenza dicevamo... la rosa selvatica come le altre rose si caratterizza per sua la bellezza nonché per la soavità del profumo, ma anche per i suoi rami pieni di spine, piccole e aguzze. La rosa, da una parte, invita col suo profumo ad essere avvicinata, dall'altra, si fa scudo con le proprie spine - come io col dubbio - contro chi vuole avvicinarla troppo. Per questo motivo il significato attribuitole nel linguaggio dei fiori è duplice: delicatezza e piacere e al contempo sofferenza e dolore fisico. Da non dimenticare sono anche le proprietà calmanti e rilassanti associate agli infusi ed estratti ricavati dai petali. La rosa canina, in particolare, sembra si chiami così perchè il suo infuso può calmare il morso della rabbia del cane. Quanti infusi di rosa sorseggierò per curare il morso di questa rabbia? ...e quando l'avrò conosciuta tutta conoscerò anche l'Universo e gli Dei?

(Foto di LIcena)

sabato 3 luglio 2010

Ricordati di dimenticare

"Devi raccontare la tua storia e poi devi dimenticarla". Louise Bourgeois


Sogno di svegliarmi in una nuova casa. Piena di luce. Odori e voci entrano dalle finestre come un richiamo alla vita. A piedi nudi avanzo con passo sicuro e al contempo saltellante. Sento tutta la forza della novità che mi accoglie e mi trascina con sè. Guardo, annuso, ascolto. Arrivo in fondo ad una stanza che dev'essere certamente il salotto. Mi si delinea dinanzi un balcone tanto familiare quanto fuori luogo. Sobbalzo. Mi fermo d'un colpo, disorientata e incerta. Dove sono? La mia nuova casa non ha balconi! Non ci sarà posto ahimè, per l'oleandro dai fiori fucsia che potrà fiorire solo nel ricordo del balcone di mia nonna.

Murray Bowen sosteneva che per andare avanti bisogna a volte tornare indietro e prescriveva ai suoi allievi come parte del training di formazione di terapia familiare il "viaggio di ritorno a casa" supervisionato da un terapeuta. Casa. Eccomi già risucchiata da una sorta di spirale ermeneutica, in un processo interminabile di avvicinamento alle parti che compongono il tutto senza per questo poter ancora raggiungere l'integrità. Se è vero che la casa è simbolo del proprio mondo interiore la spirale si fa talmente ampia da coinvolgere la mia prima casa, l'utero materno, e la casa che agogno di riscattare: il mio corpo in nuda proprietà.


Ma torniamo all'oleandro sul balcone di mia nonna. Nel linguaggio dei fiori l'oleandro simboleggia "l'oblio", significato che gli è stato attribuito probabilmente per le sue proprietà tossiche. Regalare fiori di oleandro, o portarne addosso un mazzolino, può voler dire quindi soltanto: "ti ho dimenticato".

Adornerò allora la mia nuova casa con mazzolini di oleandro e avrò cura di ricordare l'importanza di dimenticare.

Tutto cominciò così...



“Credo che questo periodo della mia vita sia meritevole dell’apertura di un blog, ma non vorrei mettere le mie cose private alla mercé di tutti.” F.
“Scriviti delle lettere e inviatele al mio indirizzo. Io te le conservo e quando vuoi te le rendo”. S.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...